Il magnetar SGR 0501+4516, una stella di neutroni tra le più magnetiche dell’universo, ha recentemente messo in discussione uno dei pilastri dell’astrofisica: l’origine delle stelle morte più estreme. Scoperto nel 2008 ai margini della Via Lattea dall’Osservatorio Swift della NASA, questo oggetto celeste sembrava inizialmente associato ai resti della supernova HB9, per via della loro apparente vicinanza nel cielo. Tuttavia, osservazioni condotte dal telescopio Hubble e dal progetto Gaia dell’ESA hanno letteralmente riscritto la sua storia.
Un viaggio nello spazio che contraddice la teoria
Le più recenti rilevazioni hanno tracciato il moto tridimensionale di SGR 0501+4516 nel tempo, rivelando che la sua traiettoria non coincide affatto con quella di HB9, né di alcun altro resto di supernova conosciuto. Questo fa di SGR 0501+4516 il miglior candidato mai individuato nella nostra galassia a non essere nato da una classica supernova a collasso del nucleo.
Le implicazioni sono sorprendenti: il magnetar potrebbe essere molto più vecchio dei 20.000 anni stimati, e quindi essersi spostato notevolmente dal suo punto di origine. Ma l’ipotesi più rivoluzionaria riguarda la sua formazione alternativa.
Nascita da una fusione o collasso stellare?
Gli scienziati propongono uno scenario radicalmente diverso: il magnetar potrebbe essere nato dal collasso indotto dall’accrescimento di una nana bianca, o da una fusione tra due nane bianche. In questi casi, una nana bianca — residuo di stelle simili al Sole — può acquisire massa da una stella compagna fino a superare il limite di Chandrasekhar (1,4 masse solari). A quel punto, potrebbe collassare direttamente in una stella di neutroni, evitando l’esplosione in supernova.
Andrew Levan, astrofisico delle università di Radboud e Warwick, sottolinea come in certe condizioni questa trasformazione possa effettivamente generare un magnetar, aprendo così nuove prospettive nella formazione di questi oggetti ultra-densi.
Il legame con i lampi radio veloci
Se la genesi di SGR 0501+4516 è davvero quella ipotizzata, si potrebbero gettare nuove basi teoriche per spiegare anche fenomeni come i lampi radio veloci (FRB), potenti impulsi energetici di origine ancora misteriosa. Lo sottolinea Nanda Rea, dell’Istituto di Scienze dello Spazio, ricordando come i magnetar siano già coinvolti in eventi energetici estremi, inclusi lampi gamma e supernove superluminose.
La ricerca pubblicata su Astronomy & Astrophysics segna un passo decisivo nello studio dell’astrofisica ad alta energia, proponendo che l’universo sia capace di forgiare magnetar non solo con la violenza esplosiva di una supernova, ma anche con processi più lenti e sottili, come quelli legati alla morte silenziosa delle stelle più piccole.
L’inizio di una nuova indagine
Il team scientifico guidato da Ashley Chrimes dell’ESA/ESTEC ora intende analizzare altri magnetar utilizzando il telescopio Hubble, cercando di tracciare movimenti e origini con la stessa precisione. I dati di Gaia, in continuo aggiornamento, forniranno mappe stellari ancora più dettagliate nei prossimi anni.
Questa ricerca apre scenari inediti, suggerendo che l’universo custodisce meccanismi di creazione stellare ancora sconosciuti e che i campi magnetici più intensi mai osservati potrebbero avere origini insospettabili.
