In questo periodo, nel quale l’emergenza del coronavirus è ormai divenuta globale, stanno emergendo una serie di studi e ricerche per capire proprio quali fattori stiano contribuendo all’espansione del Covid-19. Pare esservi una diretta correlazione con le condizioni meteo-climatiche, non dissimili fra Cina e Italia.
Come se non bastasse, il virus parrebbe più facilmente veicolato dall’inquinamento. Così si spiegherebbe l’escalation incredibile che ha colpito la Val Padana, con epicentro in Lombardia. Pare che le polveri sottili siano responsabili di una più marcata virulenza di contagio, anche se il tema è oggetto di approfondimenti.
La Val Padana è d’altronde una delle aree più inquinate d’Europa e l’esplosione sarebbe avvenuta circa da metà febbraio o poco prima, momento nel quale l’aria risultava particolarmente insalubre. Da lì è partita un’accelerazione dei contagi, che ad oggi è ancora attivissima e non ha raggiunto il picco.
A rivelare questo nesso con l’inquinamento è lo studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima) insieme alle Università di Bari e di Bologna, che hanno esaminato i dati pubblicati sui siti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale, incrociandoli con i casi di contagio riportati dalla Protezione Civile.
Le polveri sottili sarebbero i vettori del Coronavirus. Potrebbe essere questa la ragione per cui il virus si è espanso così veloce e “cattivo” in Pianura Padana. Il particolato atmosferico costituisce inoltre un substrato che può permettere al virus di rimanere in vita nell’aria per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni.
Nell’analisi dei dati delle centraline di rilevamento delle ARPA, si è evidenziata una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10-29 febbraio e il numero di casi infetti da #COVID19 aggiornati al 3 marzo.
In Pianura Padana si sono osservate le curve di espansione dell’infezione che hanno mostrato accelerazioni anomale, in evidente coincidenza, a distanza di 2 settimane, con le più elevate concentrazioni di particolato atmosferico, che avrebbero esercitato un grosso impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia.
Inoltre l’elevato tasso di letalità, sempre in riferimento alla Lombardia, viene in qualche modo lo stesso attribuito all’esposizione ai patogeni inquinanti, con conseguenze alle vie respiratorie che più facilmente subiscono una rapida compromissione a seguito dell’attacco del virus.
Se a ciò si unisce l’anzianità della popolazione che spesso soffre di qualche altra patologia, ecco spiegato questo triste conto così elevato delle vittime. Purtroppo ciò che emerge è che l’inquinamento ha aperto un’autostrada alla diffusione dell’infezione e l’Italia ha pagato il prezzo più pesante.