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Volutamente ignorati gli effetti del rallentamento della Corrente del Golfo. Effetti in Italia

Antonio Lombardi di Antonio Lombardi
02 Nov 2025 - 18:20
in A Scelta dalla Redazione, Ad Premiere, Cambiamento climatico
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(METEOGIORNALE.IT) All’inizio sembra un dettaglio lontano, un fiume invisibile che scorre nell’oceano. Eppure da quel flusso dipendono in parte i nostri inverni, le piogge d’Autunno, perfino la temperatura del Mar Mediterraneo. Gli scienziati lo chiamano AMOC: è la gigantesca “noria” che solleva acque calde verso il Nord Atlantico e le riporta fredde in profondità. Se rallenta, l’Europa cambia. Ma come, quanto e in che tempi?

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Il dibattito si è acceso con studi che parlano di indebolimento, e altri che avvertono: non confondiamo il copione di Hollywood con la fisica del mare. La Corrente del Golfo, cioè il ramo superficiale più noto dell’AMOC, non sta “collassando” da un giorno all’altro. Sta però mostrando segnali coerenti con un calo di forza, e questo ha ripercussioni tangibili. Capire quali contano per l’Italia è la chiave per leggere correttamente le prossime stagioni.

 

 

Cos’è davvero l’AMOC e perché non va confusa con la sola Corrente del Golfo

L’Atlantic Meridional Overturning Circulation è un sistema di correnti che trasporta verso nord acque calde e salate, le fa raffreddare e inabissare tra Groenlandia e Islanda, quindi le riporta verso sud a grandi profondità. La Corrente del Golfo è la componente superficiale orientata da Florida verso l’Atlantico settentrionale, ma l’AMOC include anche il Giro Subpolare e i rami di ritorno in profondità. Ridurre tutto alla “Gulf Stream” porta fuori strada: il clima europeo risponde alla macchina nel suo insieme, non a un singolo nastro trasportatore.

Negli ultimi vent’anni abbiamo anche un “termometro” diretto: la rete di boe e cavi sottomarini RAPID a 26,5°N misura la portata della circolazione. Le serie mostrano ampia variabilità anno su anno e un indebolimento medio dell’ordine di circa 1 Sverdrup per decennio tra il 2004 e il 2023, valore in linea con molte simulazioni ma lontano da un arresto improvviso.

 

 

Cosa dicono davvero gli studi recenti: rallentamento sì, collasso “domani” no

Le evidenze convergono su un AMOC in fase di indebolimento, con un’impronta caratteristica nelle temperature superficiali: riscaldamento a ovest dell’Atlantico nord-occidentale e una “macchia fredda” a sud della Groenlandia. Analisi con modelli e osservazioni attribuiscono gran parte di quel raffreddamento al rallentamento della circolazione, segno che il nastro trasportatore dispersa meno calore nel Nord Atlantico.

Sui tempi di un’eventuale soglia critica gli scienziati non sono allineati. La Valutazione IPCC afferma che l’AMOC è “molto probabilmente” in calo nel XXI secolo ma un collasso entro il 2100 è “improbabile” sulla base delle conoscenze attuali. Altri lavori più recenti esplorano scenari in cui un punto di non ritorno potrebbe essere raggiunto in decenni, se le emissioni restassero elevate. L’elemento condiviso è la prudenza: le incertezze sono grandi e un arresto sarebbe graduale su scale pluridecennali, non repentino.

 

 

Perché si indebolisce: acqua dolce, calore in eccesso e “ingorghi” nell’Oceano

Il motore dell’AMOC vive di densità: acque fredde e salate sprofondano. L’apporto crescente di acqua dolce da precipitazioni, fusione di ghiaccio di Groenlandia e artico e scioglimento della neve rende le acque superficiali meno dense, ostacolando l’affondamento. Contemporaneamente, l’oceano accumula calore: l’acqua più calda si espande, alza il livello del mare e rallenta la corrente come un’auto in salita. È la fisica semplice che collega l’Atlantico alla nostra atmosfera. Studi modellistici e diagnostiche delle “impronte digitali” dell’AMOC supportano questa lettura.

 

 

Cosa succede in Europa: getto spostato, tempeste diverse, ondate di calore più probabili

Riducendo il trasferimento di calore verso nord, un AMOC debole modula la posizione del getto atlantico e la frequenza dei regimi di circolazione invernali. Analisi multi-modello legano un indebolimento maggiore a un getto più intenso e a una maggiore frequenza del regime NAO+, con tempeste più tese sul Nord Europa e traiettorie diverse sull’Europa occidentale. In estate, alcuni esperimenti mostrano che, nonostante una lieve tendenza al raffreddamento medio nel Nord Atlantico, sull’Europa continentale aumentano bloccaggi e ondate di calore, perché il contrasto mare-terra e l’assetto del getto favoriscono cupole di alta pressione persistenti.

 

Focus Italia: piogge invernali più scarse, Mediterraneo più caldo, estremi più estremi

Per l’Italia il nodo è il bilanciamento tra due forzanti: l’Atlantico che porta perturbazioni e il Mediterraneo che fornisce calore e umidità. Un’AMOC più debole tende a ridurre l’apporto di aria mite e umida dai quadranti occidentali durante l’Inverno, mentre la posizione del getto può deviare molte depressioni verso il Nord Europa. In più, la tendenza climatica di fondo mostra un Mediterraneo che si riscalda rapidamente, con conseguente aumento dell’evaporazione ma non sempre della pioggia dove serve. Risultato probabile: stagioni fredde più secche sul bacino mediterraneo, soprattutto a ovest e sull’Italia centro-meridionale, con effetti su invasi, agricoltura e disponibilità idrica. Alcuni studi identificano proprio il contributo del rallentamento dell’AMOC al persistere dell’“anticiclone mediterraneo” e al calo delle precipitazioni invernali nella regione.

 

L’Estate italiana, d’altra parte, vive su mari sempre più caldi. Le marine heatwaves nel Mediterraneo stanno diventando più frequenti e intense, con tassi di riscaldamento della superficie dell’acqua superiori alla media globale. Un mare molto caldo alimenta episodi di umidità opprimente e può amplificare temporali autorigeneranti e nubifragi quando la dinamica atmosferica li innesca, mentre favorisce stress termico su ecosistemi e specie commerciali. Il legame diretto tra AMOC e ondate di calore marine nel Mediterraneo è indiretto e mediato dalla circolazione atmosferica, ma in uno scenario di AMOC più debole e getto più ondulato i periodi di stasi anticiclonica diventano più probabili, e quindi anche le ondate di calore prolungate a terra.

 

Tempeste atlantiche e cicloni mediterranei: come può cambiare il rischio

Un’AMOC ridotta produce un’anomalia fredda nel Sub-Atlantico che accresce i contrasti termici con l’aria più calda a sud. Nei modelli, questo si traduce in una pista delle tempeste più energica a latitudini medio-alte, mentre l’Europa sud-occidentale può restare ai margini di più sistemi perturbati, specie in Inverno. L’Autunno italiano potrebbe così oscillare tra lunghi periodi stabili e brevi fasi di precipitazioni molto intense quando una saccatura riesce a interagire con Mediterraneo caldo. Gli studi che analizzano le modifiche del bilancio di umidità suggeriscono meno piogge medie stagionali sulla fascia mediterranea, ma picchi più forti quando le condizioni sinottiche si allineano.

Nel lungo termine, un indebolimento sostanziale dell’AMOC ridistribuisce anche la salinità e la temperatura dell’Atlantico, influenzando l’altezza media del mare altrove. L’aumento più marcato del livello del mare si proietta sulla costa orientale degli Stati Uniti, non sul Mediterraneo, ma l’Italia dovrà fare i conti con l’innalzamento globale e con la subsidenza locale nelle aree costiere, temi indipendenti dall’AMOC.

 

Cosa aspettarsi nei prossimi decenni: incertezza sui “tempi”, chiarezza sulle “tendenze”

Il quadro che emerge è duplice. Da un lato, l’AMOC sta rallentando, e questa tendenza è coerente con gli effetti fisici del riscaldamento globale e dell’apporto di acqua dolce al Nord Atlantico. Dall’altro, l’ipotesi di un collasso entro pochi decenni resta discussa e dipende fortemente dagli scenari emissivi e dalla risposta del sistema. Le migliori sintesi ufficiali indicano un indebolimento prolungato, con bassa probabilità di arresto entro fine secolo; ricerche più recenti invitano però a non sottovalutare il rischio di superare una soglia, anche se con tempistiche pluridecennali. In ogni caso, per l’Italia le implicazioni più robuste riguardano inverni mediamente più secchi, maggiore esposizione a ondate di calore e marine heatwaves estive, e una distribuzione delle piogge più concentrata in pochi episodi intensi.

 

Riassumendo

La Corrente del Golfo è la parte visibile di una macchina più grande, l’AMOC, oggi in fase di indebolimento. Non c’è alcuna “glaciazione istantanea”, ma un cambiamento graduale capace di ridisegnare il getto atlantico, deviare le perturbazioni e aumentare i periodi di stasi anticiclonica sull’Europa meridionale. Per l’Italia questo significa inverni più poveri di piogge, estati più calde con Mediterraneo spesso in ondata di calore marina, e precipitazioni tendenzialmente più estreme quando arrivano. I tempi di una soglia critica restano incerti, ma la direzione delle tendenze è chiara e già rilevabile nei dati e nei modelli.

 

Credit: IPCC, Met Office, RAPID 26.5°N, Science Advances, AGU Geophysical Research Letters, NOAA GFDL/PNAS (METEOGIORNALE.IT)

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Tags: amoc indebolimentoCorrente del Golfogetto atlanticomediterraneo ondate di calorepiogge invernali italia
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Antonio Lombardi

Antonio Lombardi

Dopo aver conseguito la laurea in Geologia presso l’Università degli Studi di Milano nel 2000, ha proseguito il suo percorso accademico con una seconda laurea in Astronomia presso l’Università "La Sapienza" di Roma, ottenuta nel 2006. L'interesse per l'astronomia lo ha portato successivamente a intraprendere un Master di specializzazione in Astronomia presso l’University of Arizona (Tucson, USA), uno dei principali centri internazionali per la ricerca astrofisica. In ambito professionale, si occupa anche di insegnamento, sia in contesti scolastici che in corsi e laboratori rivolti al pubblico generale, con un forte focus sull’approccio interdisciplinare tra geologia, astronomia e scienze ambientali.

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