Gli agricoltori, a ragione, chiamano la grandine la peste bianca, perché distrugge all’improvviso le loro coltivazioni, spesso proprio quando il raccolto e le allettanti prospettive di vendite e guadagni sono prossime.
Ogni anno si verificano migliaia di grandinate, soprattutto nei climi temperati e umidi elle medie latitudini.
Nel nostro Emisfero, soltanto negli Stati Uniti d’America i danni alle colture causati dalla grandine ammontano a circa un miliardo di dollari l’anno, che vanno a sommarsi ad altri 75 milioni dovuti alla morte di capi di bestiame e ai danni arrecati alle proprietà. E si, perché negli USA i chicchi di grandine, nelle sconfinate pianure, raggiungono dimensioni eccezionali.
La fonte di questi ricorrenti disastri è nascosta nel profondo di un cumulonembo temporalesco. Ad oltre 4.500 metri di altitudine, con una temperatura molto fredda, l’aria all’inizio è così pura che le goccioline d’acqua (quando in assenza di polveri) non si trasformano in ghiaccio a temperature molto inferiori al punto di congelamento.
Intensificandosi, le correnti convettive della tempesta trasportano però minute particelle di polvere e ghiaccio verso l’alto nella nube. Ognuno di questi potenziali nuclei di un chicco di grandine comincia ad urtarsi con goccioline d’acqua sovraraffreddata che congelano nell’impatto.
Sui chicchi trascinati su e giù dalle correnti ascendenti e discendenti si accumulano vari strati di ghiaccio, finché nemmeno la più forte corrente ascendente riesce più a sostenerli ed essi cadono a terra, perché attratti al suolo dalla forza di gravità terrestre.
Le medie perturbazioni producono piccoli chicchi di grandine, che fondono prima di toccar terra, mentre quelli dei temporali più violenti possono raggiungere le dimensioni di un uovo, una palla da tennis o addirittura un pompelmo.
Beh, anche in Europa la grandine cade ormai con chicchi sempre più grossi e più frequentemente, per altro, siamo osservando una correlazione con le ondate di caldo africane, che trasportano pulviscolo del Sahara, che all’interno della nube diventa nucleo di condensazione, avviando il processo per la formazione della grandine.
Sino agli anni ’80 del secolo scorso, le grandinate di grosse dimensioni venivano studiate quasi esclusivamente negli Stati Uniti d’America, essendo il Paese notoriamente più interessato (ma tale informazione è erronea). In Europa lo studio della grandine è recente.
E se nelle grandi pianure americane sono state trovate nelle grandinate chicchi anche di 15 cm di diametro, queste le troviamo ormai anche in Europa, specialmente nei Balcani, ma non solo.
Secondo studi effettuati per primo dal Center for Atmosphe- ric Research (Centro nazionale per la ricerca atmosferica) del Colorado, chicchi di tali dimensioni necessitano di correnti ascensionali anche di oltre i 160 km orari per mantenere in aria formazioni di ghiaccio che poi una volta cadute al suolo pesano anche oltre i 750 grammi.
Ma attenzione, nel 1951, giugno, fu rilevato un chicco di grandine del peso di 1 kg in Sardegna, nei pressi della località di Macomer. Nel 1976, sempre in giugno, un chicco di pari dimensioni cadde in Basilicata.
Negli anni Cinquanta il timore di simili danni indusse le compagnie aeree a dotare di radar i loro apparecchi. I più moderni aerei hanno a bordo anche più di un radar, ma a quanto pare, a volte non è sufficiente per evitare l’impatto con le terribili tempeste di grandine.
Eventi meteo come quelli descritti sono accompagnati da manifestazioni temporalesche estreme.