(METEOGIORNALE.IT) FINE MAGGIO ci ha dato un segnale inequivocabile: l’estate del 2025 non sarà una parentesi, ma un lungo racconto fatto di ondate di calore consecutive, ognuna con il proprio volto, la propria origine e un potenziale dirompente. Il meteo, ormai, si è allineato a una narrazione inquietante: l’alternanza di masse d’aria roventi sembra destinata a trasformarsi in una sequenza quasi ininterrotta di eventi estremi.
In questo scenario, è il Sahara, con il suo respiro infuocato, a dare il via alle prime vampate. Ma il vero problema non è solo il calore africano: è quello che verrà dopo, quando il caldo non avrà più bisogno di spingere dal Sud, ma si genererà direttamente sopra di noi, attraverso un meccanismo fisico molto più insidioso.
Una volta che l’alta pressione si sarà stabilizzata e non verrà disturbata da infiltrazioni di aria fresca, da temporali o da perturbazioni organizzate, assisteremo alla formazione di quella che in meteorologia è chiamata heat dome.
Spiegarla è semplice, ma affrontarla non lo è. Si tratta di un cupolone atmosferico che intrappola l’aria calda nei bassi strati, comprimendola verso il suolo. Questo fenomeno, detto subsidenza, genera un riscaldamento per compressione: l’aria scende e si riscalda proprio mentre perde quota. È il meccanismo che trasforma le aree temperate in forni con condizioni simili a quelle desertiche.
La presenza di un heat dome è suggerita da due indizi chiari: alte pressioni persistenti accompagnate da geopotenziali elevati in quota e temperature a 850 hPa molto al di sopra della norma. Quando questi elementi si combinano, il risultato è una bolla d’aria incandescente che può alzare i termometri anche di 10°C sopra la media in Italia, e fino a 15°C in aree come la Francia o la Germania, dove il clima normalmente è oceanico.
Un dato che continua a colpire è l’impreparazione delle città dell’Europa Centrale di fronte a queste ondate di calore. Prendiamo Parigi, che fino a pochi anni fa considerava il climatizzatore un lusso, non una necessità. Persino durante le Olimpiadi francesi del 2024, il villaggio olimpico era privo di climatizzazione, e questo ha suscitato molte proteste da parte degli atleti.
Eppure, in Francia si parla quotidianamente di clima: i quotidiani gratuiti, distribuiti nelle fermate della metropolitana o nei supermercati, riportano articoli divulgativi che confrontano il clima di oggi con quello che ci attende nel futuro. Il servizio meteo nazionale francese fa un lavoro costante di informazione e sensibilizzazione sul cambiamento climatico, con un tono serio, quotidiano, quasi didattico.
Qui da noi, l’informazione sul clima ha un destino più frammentato. Sono i siti privati, i portali specializzati e qualche realtà indipendente che si fanno carico di raccontare l’evoluzione meteo. Proviamo a spiegare i perché di ciò che accade, a offrire una lettura più ampia, ma manca un vero sistema informativo pubblico integrato, capace di educare, sensibilizzare, orientare.
La meteorologia, in fondo, non è solo una previsione per sapere se prendere l’ombrello o il costume: è uno specchio del cambiamento in atto, un linguaggio che racconta le trasformazioni profonde del nostro ambiente. E ogni ondata di calore non è solo un evento meteo: è un segnale climatico, un sintomo di qualcosa che richiede attenzione, strumenti e consapevolezza.
Fonti di riferimento per l’analisi dell’heat dome sono numerose, tra cui lo studio pubblicato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), e approfondimenti forniti dall’American Meteorological Society o da enti come il Met Office britannico. Questi offrono descrizioni dettagliate e modelli predittivi aggiornati che mostrano come le cupole di calore siano ormai parte integrante del panorama meteorologico europeo. (METEOGIORNALE.IT)
