C’è qualcosa di profondamente affascinante – e, ammettiamolo, anche un po’ paradossale – nel modo in cui persino chi si occupa di scienza può incappare in una visione soggettiva del meteo. Giorni fa, ho letto le parole di un noto divulgatore scientifico, esperto del corpo umano e della sua fisiologia, che ha scritto: “Finalmente è arrivato il caldo, tardivamente”. Una frase semplice, apparentemente innocua, che però mi ha fatto riflettere.
Quest’uomo ha, a occhio, più di sessantacinque anni. È dunque vissuto in epoche in cui le primavere erano davvero dolci, spesso fresche anche fino a metà GIUGNO. Eppure oggi sembra dimenticare quanto fossero diverse quelle stagioni. Forse, come spesso accade, il tempo atmosferico viene ricordato più per come lo abbiamo vissuto emotivamente, piuttosto che per quello che era realmente. Sì, perché il meteo, per molti, è prima di tutto percezione.
Chi vive le proprie giornate immerso nel presente sente “fa caldo” o “oggi si sta bene”, ma raramente consulta un termometro certificato. E questo è umano, ovvio. Ma proprio chi è abituato a maneggiare dati e misurazioni oggettive, sa bene che la meteorologia – come la climatologia – si fonda su valori, numeri, non su sensazioni.
Il corpo umano, com’è noto, risponde agli stimoli termici in modo assai complesso. Non basta dire “oggi ci sono 26 gradi” per sapere come ci si sentirà. Conta l’umidità, conta il vento – o la sua assenza –, contano l’esposizione al sole, la ventilazione naturale di un luogo. E così, nello stesso quartiere di Bologna, in una giornata qualsiasi di GIUGNO, qualcuno affermerà che “si muore dal caldo”, mentre il vicino, sotto l’ombra di un tiglio e con una leggera brezza, dirà che “si sta d’incanto”.
Ecco allora che il meteo diventa qualcosa di intimo, soggettivo, quasi narrativo. Una storia personale, più che una verità universale. E questo, forse, spiega anche perché tanti italiani si sorprendano quando leggono che “le temperature non sono poi così alte”, mentre sentono letteralmente il sudore colare dalla fronte.
Nel frattempo, il cambiamento meteo che interessa il Nord Italia in questi giorni – specie tra PIEMONTE, LOMBARDIA, VENETO e FRIULI – si avvia verso la conclusione. L’aria meno rovente, verso il prossimo fine settimana lascie il posto a un’ondata di calore africano, che potrebbe risultare davvero intensa. Non parliamo solo di “qualche grado in più”. Secondo i modelli matematici, entro circa dieci giorni, molte città della Pianura Padana raggiungeranno i 35°C, e il caldo diventerà, per usare un termine tecnico, asfissiante.
La sensazione sarà omogenea? Neanche per sogno. Finché c’è ventilazione, finché la brezza si insinua tra le vie urbane, qualcuno continuerà a dire “non è poi così male”. Ma attenzione: superata una certa soglia termica, il corpo umano va in difficoltà, indipendentemente dalla ventilazione.
La climatizzazione naturale del corpo – cioè la capacità di adattarsi progressivamente alla calura – richiede tempo. Ecco perché a GIUGNO, quando i primi veri picchi di calore ci colpiscono, spesso la reazione è più severa. Il nostro organismo non ha ancora tarato la sua risposta fisiologica, e così si soffre anche con 25°C, specie se accompagnati da un’elevata umidità relativa e da un’assenza totale di vento.
In LUGLIO, invece, quando i valori medi saliranno ben oltre i 30°C, probabilmente le stesse temperature le sopporteremo meglio. Ma non è solo questione di adattamento: è che la nostra soglia di percezione si sposta. Eppure, non dimentichiamolo: percepire e misurare sono due mondi distinti. Le temperature reali, che possiamo leggere da una rete meteorologica certificata come quella del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, ci dicono un’altra verità. Ma il nostro cervello, le nostre emozioni, il nostro vissuto – beh, quelli spesso raccontano una storia tutta loro.
Tra qualche settimana, in alcune città italiane, soprattutto tra BASILICATA, PUGLIA, SICILIA e SARDEGNA, la colonnina di mercurio potrebbe sfiorare i 40°C. E lì, anche l’aria condizionata diventerà solo un temporaneo sollievo.
Poi, ovunque, entrerà in scena la percezione termica, ovvero il cosiddetto indice di calore – il risultato dell’interazione tra temperatura e umidità. Un valore che il corpo sente e soffre, molto più della semplice temperatura misurata.
Il meteo, insomma, è sentito dalle persone come percezione, sulla temperatura è percezione termica. È esperienza, memoria, fisiologia. È quella sensazione fugace che ci fa aprire le finestre o correre a chiuderle, accendere un ventilatore o cercare l’ombra di un albero in una piazza assolata. È qualcosa che ci portiamo dentro, ed è per questo che ognuno lo racconta a modo suo.



