
Il supervulcano dei Campi Flegrei è uno dei sistemi vulcanici più studiati e complessi al mondo. Il timore del suo risveglio ha radici profonde nella storia e nella scienza, poiché un’eruzione di vasta portata potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Per comprendere i segnali premonitori reali, è essenziale guardare sia ai dati scientifici contemporanei che ai racconti e alle cronache del passato.
Cosa si intende per risveglio vulcanico
Il termine “risveglio” non implica necessariamente un’eruzione imminente. Indica piuttosto una riattivazione del sistema magmatico, manifestata attraverso fenomeni sismici, deformazioni del suolo e variazioni nei gas emessi. Nei Campi Flegrei, questi segnali sono monitorati costantemente dall’Osservatorio Vesuviano.
Segnali premonitori osservati nei Campi Flegrei
Bradisismo
Il fenomeno più noto è il bradisismo, ovvero un lento e progressivo sollevamento o abbassamento del suolo. A Pozzuoli, cuore calderico dell’area, si sono registrati negli ultimi decenni sollevamenti del terreno di oltre 90 cm. Questi movimenti indicano la risalita di fluidi magmatici e la pressione crescente nelle camere sotterranee.
Sciami sismici
Negli ultimi anni, sono stati osservati sciami sismici frequenti, di bassa intensità ma numerosi. Si tratta di piccoli terremoti (generalmente sotto magnitudo 4) che si concentrano a profondità superficiali. Il loro aumento è correlato a fratturazioni della crosta dovute alla pressione dei gas vulcanici.
Emissioni di gas
Un altro indicatore è l’incremento delle emissioni di anidride carbonica e di vapori acidi. A Solfatara, la principale bocca fumarolica attiva, i valori di CO₂ hanno mostrato fluttuazioni significative. La presenza di gas magmatici è segno di un sistema in fase dinamica.
Variazioni geochimiche
Le analisi dei fluidi sotterranei rivelano cambiamenti nella temperatura, acidità e composizione chimica. Queste trasformazioni suggeriscono l’interazione tra acqua e magma, processo che può anticipare un’eruzione.
Racconti e fatti dal passato
L’eruzione del 1538, che diede origine al Monte Nuovo, è l’unica eruzione storica documentata dei Campi Flegrei in epoca moderna. Prima di quell’evento, si verificarono forti sollevamenti del suolo, odori sulfurei, terremoti e il disseccamento di pozzi, tutti fenomeni simili a quelli odierni.
Nel XVII secolo, le cronache di viaggiatori e studiosi, come quelle di Athanasius Kircher, raccontano di “un paesaggio in continuo mutamento”, “acque che ribollono” e “fumi che escono dalla terra”. Questi racconti, seppur ricchi di immaginazione, trovano riscontro nei fenomeni osservabili ancora oggi.
Nel 1984, un’intensa crisi bradisismica costrinse all’evacuazione oltre 40.000 persone da Pozzuoli. Anche se non ci fu un’eruzione, fu uno dei segnali più preoccupanti degli ultimi decenni.
Il monitoraggio attuale
Oggi, l’intera area è sotto sorveglianza dell’INGV, con una rete di sensori, GPS, stazioni sismiche e strumenti per l’analisi dei gas. Il livello di allerta è stato più volte innalzato fino al livello giallo, che implica una vigilanza rafforzata, ma non segnala un’eruzione imminente.
Le simulazioni modellistiche, elaborate da esperti internazionali, mostrano che una nuova eruzione avrebbe impatti su scala regionale e nazionale, con rischi per Napoli, Ischia e la Penisola Sorrentina.
In breve
I segnali premonitori del supervulcano dei Campi Flegrei esistono e sono scientificamente documentati. Bradisismo, sciami sismici, variazioni nei gas e nei fluidi sono manifestazioni evidenti di un sistema vulcanico attivo. Tuttavia, non esiste ad oggi un metodo certo per prevedere con precisione quando e se ci sarà una nuova eruzione. La memoria storica e la ricerca scientifica lavorano insieme per capire e mitigare un potenziale rischio che riguarda milioni di persone.
