(METEOGIORNALE.IT) Il 18 maggio 1980, il Monte St. Helens, situato nello stato di Washington, nel nord-ovest degli Stati Uniti, divenne teatro di una delle più drammatiche eruzioni vulcaniche della storia moderna. Alle ore 8:32 del mattino, un violento terremoto di magnitudo 5,1 scosse l’area, innescando un imponente collasso del versante settentrionale del vulcano, il più grande crollo di massa mai registrato nella storia contemporanea.
L’esplosione laterale e il flusso piroclastico
La frana colossale rilasciò la pressione accumulata sotto la montagna, generando una devastante esplosione laterale che spazzò via tutto nel raggio di decine di chilometri. Il materiale vulcanico, spinto da una forza incontenibile, viaggiò a velocità superiori ai 480 chilometri orari, distruggendo foreste, laghi e ogni forma di vita nel suo cammino.
Questa esplosione laterale fu seguita da una colonna eruttiva che si elevò fino a 24 chilometri nell’atmosfera, oscurando il sole e provocando un’enorme caduta di cenere su buona parte degli Stati Uniti e perfino nel Canada.
Effetti sulla popolazione
I danni ambientali furono devastanti. Circa 600 chilometri quadrati di foresta vennero rasi al suolo, il fiume Toutle cambiò completamente il suo corso a causa delle colate di fango e detriti, e l’ecosistema della regione venne alterato per decenni. I depositi di cenere coprirono campi coltivati, causando perdite ingenti all’agricoltura.
La catastrofe provocò 57 vittime, molte delle quali sorprese dall’esplosione o travolte dalle colate piroclastiche e dai lahar, i flussi di fango vulcanico. Intere comunità furono evacuate, e il costo economico complessivo superò i 3 miliardi di dollari (stimati in valore attuale).
Scienza e monitoraggio vulcanico
L’eruzione del Monte St. Helens rappresentò un punto di svolta nella vulcanologia moderna. Gli scienziati ottennero dati fondamentali sull’evoluzione delle eruzioni esplosive, migliorando le tecniche di previsione dei disastri naturali. A partire da quell’evento, il monitoraggio dei vulcani negli Stati Uniti e nel mondo venne intensificato con reti di sismografi, inclinometri e strumenti per la misurazione dei gas vulcanici.
Oggi il Monte St. Helens resta uno dei vulcani più sorvegliati del continente americano, oggetto di studi continui per comprendere meglio i meccanismi delle eruzioni esplosive e per ridurre il rischio vulcanico nelle aree popolate.
(Fonti: USGS – United States Geological Survey, Smithsonian Institution – Global Volcanism Program) (METEOGIORNALE.IT)
