
Quando il caldo diventa insopportabile, non tutti possono reagire allo stesso modo. C’è chi chiude le persiane, accende il climatizzatore e lavora da remoto. E c’è chi resta bloccato in un tram senza aria, in una casa senza ombra, in una mansarda che di notte non scende sotto i 30°C. L’ondata di calore non colpisce tutti allo stesso modo. E così il clima diventa anche una questione sociale, politica, di accesso ai mezzi per difendersi.
Aria condizionata e privilegio: la nuova disuguaglianza climatica
Nel rapporto “Cooling as a Human Right” redatto da Chatham House, emerge una verità scomoda: l’accesso alla climatizzazione domestica è oggi un marcatore di disuguaglianza tanto quanto l’istruzione o la sanità. In Europa, e in particolare nei Paesi mediterranei, la diffusione dell’aria condizionata segue il reddito. Le famiglie più vulnerabili sono quelle che vivono nei quartieri più caldi, con meno verde urbano, meno coibentazione e più cemento.
Secondo un’analisi dell’International Energy Agency (IEA), pubblicata nel 2022, il 20% degli italiani a basso reddito non ha accesso a un sistema di raffrescamento efficiente. Eppure, queste stesse persone sono le più esposte a stress termici, disidratazione e patologie legate al caldo.
Chi può fuggire dal caldo, chi resta nella trappola urbana
In estate, chi può lascia la città, va in villeggiatura, si sposta tra montagne e coste ventilate. Chi non può, resta nei quartieri più arroventati, dove l’isola di calore urbana non è un concetto tecnico, ma una realtà che si misura in notti insonni e finestre murate. A TORINO, ad esempio, la differenza tra le minime notturne in collina e quelle in pianura urbana può superare i 7°C. Lo stesso accade a ROMA tra Monteverde e Tor Bella Monaca, o a MILANO tra l’area del Parco Sempione e quella di Quarto Oggiaro.
Il meteo come classe sociale
La giustizia climatica non è più un tema da futuri scenari geopolitici: è qui, oggi, nei bilanci familiari e nei mutui delle case. Chi può, compra una casa ventilata, con doppi vetri e piante in terrazzo. Chi non può, suda e basta. E questa differenza genera malattie, ansia, debiti, isolamento. Il caldo estremo accentua i divari, spinge le città verso una nuova geografia sociale, in cui la posizione nel quartiere determina il rischio sanitario.



