Le aurore boreali e australi, ben più che affascinanti danze luminose nel cielo, rappresentano momenti di estrema attività solare capaci di lasciare impronte tangibili nella storia umana. La loro origine risiede nel confronto tra il vento solare — un flusso di plasma carico di protoni, elettroni e ioni — e la magnetosfera terrestre. Quando le particelle penetrano l’atmosfera, eccitano ossigeno e azoto, generando fotoni: il verde domina tra 100 e 150 chilometri di altitudine, il rosso si manifesta oltre i 200 km, mentre le bande blu e violette derivano dall’azoto molecolare [[Smithsonian Magazine]].
Normalmente visibili solo alle alte latitudini, durante le tempeste geomagnetiche estreme le aurore possono espandersi fino a coprire ampie aree delle zone temperate.
Prime testimonianze: la luce del Nord tra Mesopotamia e Babilonia
Le tavolette cuneiformi ritrovate a Ninive descrivono un «bagliore rosso nel cielo del nord» osservato fra il 680 e il 650 a.C., probabilmente la più antica descrizione di un’aurora [[Live Science]]. Ancor più preciso è il resoconto del 12-13 marzo 567 a.C., quando a Babilonia fu annotata una «luce rosso-porpora che riempì il cielo», evento talmente intenso da richiedere una tempesta geomagnetica severa, vista la latitudine simile a quella di Creta [[OUP Academic]].
L’enigma egizio: tra fuoco divino e aurora rossa
Gli Egizi, meticolosi osservatori celesti, potrebbero aver osservato aurore nei pressi del Basso Egitto, come lascia supporre il sito astronomico di Buto, datato al VI secolo a.C. [[Smithsonian Magazine]]. Tuttavia, non esistono testi chiaramente attribuibili a questo fenomeno: descrizioni come il “fuoco di Seth” potrebbero riferirsi a aurore rosse, ma senza una terminologia tecnica è difficile separarle da effetti atmosferici comuni. Gli archeo-astronomi stanno rivalutando papiri e calendari antichi alla luce delle attuali conoscenze geomagnetiche.
Grecia e Roma: le luci celesti tra filosofia e politica
Nella Grecia classica, si riportano eventi come quello del 467 a.C., descritto come «fiaccole danzanti nel cielo», mentre Cicerone riferisce di travi rosse comparse sul Foro romano nel 113 a.C.. Gli autori latini, convinti che queste manifestazioni annunciassero rivoluzioni, inserirono le aurore nel novero dei prodigi (prodigia), contribuendo a costruire una cronologia qualitativa dell’attività solare su scala millenaria [[JSTOR]].
L’aurora infinita del Giappone del 1770
Un dipinto conservato a Kyōto e numerosi diari giapponesi narrano un’aurora straordinaria comparsa il 17 settembre 1770, che perdurò per ben nove notti. Le analisi suggeriscono che fu tra il 3 e il 10% più intensa del famoso evento di Carrington, rendendola una delle tempeste solari più violente mai osservate [[agupubs.onlinelibrary.wiley.com]] [[WIRED]].
L’evento di Carrington del 1859: la tempesta solare per eccellenza
Alle 11:18 del 1° settembre 1859, l’astronomo Richard Carrington osservò un brillamento bianco sul Sole. Dopo 17 ore, una espulsione di massa coronale colpì la Terra. Le aurore furono visibili fino a Cuba, Giamaica e persino Roma, tanto luminose da permettere di leggere un giornale di notte. I telegrafi andarono in tilt, ma in alcuni casi funzionarono grazie alle correnti geomagnetiche indotte. L’indice Dst, che misura l’intensità delle tempeste, fu stimato a −1800 nT, un valore mai più eguagliato [[Wikipedia]].
Tempeste recenti e tecnologia vulnerabile
Tempeste successive come la “Railroad Storm” del 1921, il blackout del Québec del 1989 e le “Halloween Storms” del 2003 hanno provocato danni rilevanti pur senza raggiungere l’intensità degli eventi del 1770 e del 1859. Le missioni spaziali moderne, come DSCOVR e SWFO, monitorano costantemente il vento solare, fornendo allerte con alcuni minuti di anticipo: sufficienti per proteggere le reti elettriche, ma insufficienti per impedire le aurore in caso di tempesta estrema.
Aurore tropicali? Possibili solo con flare eccezionali
Le simulazioni suggeriscono che un flare superiore a 10^33 erg, accompagnato da un’espulsione coronale diretta, potrebbe spingere l’ellisse aurorale fino ai tropici. L’analisi degli anelli degli alberi ha rivelato picchi anomali di carbonio-14 e berillio-10, come quello del 774/775 d.C., che potrebbero riflettere tempeste molto più violente di quelle osservate finora. Fortunatamente, eventi di questa intensità sembrano avvenire solo ogni 500-1000 anni.
