La straordinaria ondata di gelo che colpì Sardegna nel febbraio del 1956 è considerata uno degli eventi climatici più rilevanti del XX secolo. I racconti dell’epoca menzionano cumuli di neve alti oltre due metri e piazze animate da battaglie con palle bianche. Tuttavia, questa visione gioiosa trascura la drammaticità di una situazione che interessò anche molte aree d’Europa, causando notevoli problemi per intere comunità. Le temperature scesero fino a -2 °C a Sassari, -5 °C a Olbia e -17 °C sul Limbara.
Il peggioramento fu segnalato il 2 febbraio, e già dal giorno successivo si riscontrarono blackout a Cagliari, collegamenti marittimi interrotti a Porto Torres e traffico bloccato in varie zone. Il treno Freccia Sarda, che collega Cagliari, Sassari e Olbia, giunse con oltre sei ore di ritardo. Si registrarono anche le prime vittime per assideramento, come avvenne a Bortigali.
A Sassari, alcuni tetti cedettero sotto il peso della neve, costringendo le autorità a chiudere le scuole. Numerosi ragazzi colsero l’occasione per organizzare battaglie nelle vie, ma in piazza d’Italia e a Platamona si verificarono incidenti con feriti. Alcuni si cimentarono sugli sci da viale Trieste, mentre 27 persone finirono al pronto soccorso dopo cadute sul ghiaccio. La squadra Torres giocò contro il Monteponi in un campo reso fangoso e attorniato da mucchi bianchi. I tornei minori furono sospesi.
Nei giorni seguenti, i media parlarono di “assedio bianco”, poiché gran parte delle attività rimase paralizzata. Centri come Pattada rimasero isolati e senza luce, fino all’arrivo dei soccorsi. Da Sassari partirono camion carichi di viveri verso Tempio, e da lì alcuni volontari, tra cui Agostino Scano, Nino Salvatore, Francesco Arcomane e Luigi Palazzo, camminarono dieci ore per raggiungere Vallicciola.
Il 7 febbraio una nuova nevicata investì l’Isola, con forti disagi nel Nuorese e a Baunei, dove rimasero feriti alcuni carabinieri impegnati nei soccorsi.
La Ogliastra fu tagliata fuori a causa dell’inagibilità del Correboi, e sul Monte Spada vennero rinviate le gare di sci. L’agricoltura subì gravi danni, stimati in miliardi di lire. A metà mese, i quotidiani usarono il termine “tragedia bianca” per descrivere la situazione. Luoghi come Stintino e Anglona rimasero al buio e con scorte di cibo sempre più ridotte. Nei grandi centri, tra cui Sassari, mancava persino il combustibile, compromettendo perfino la panificazione.
Sulle strade dell’Isola, si notavano solo convogli di mezzi carichi di prodotti essenziali, mentre in luoghi impervi come Desulo, Seulo e Gadoni, venne utilizzato il trasporto aereo per lanciare viveri e foraggio. A Pozzomaggiore fu perfino scavato un passaggio nella neve per ristabilire i contatti con l’esterno.
Le bufere durarono fino al 22 febbraio, poi la morsa del gelo si allentò.
Il bilancio finale fu drammatico, con costi umani ed economici alti in tutta l’Italia. Questa nevicata del 1956 evidenzia come i fenomeni estremi possano paralizzare intere regioni e mostra la necessità di un’adeguata pianificazione in ambito climatico, per contenere i danni quando si presentano eventi meteo eccezionali.
