Durante un gelido inverno in Svezia, nel dicembre 2011, un evento eccezionale sconvolse la comunità di Umeå, nel nord-est del paese. Peter Skyllberg, un uomo di 44 anni, rimase intrappolato nella sua auto sepolta dalla neve per ben due mesi, resistendo a condizioni estreme con temperature che raggiunsero i -30°C.
Il 17 febbraio 2012, due persone in motoslitta scoprirono l’auto, quasi completamente sommersa dalla neve. Pensando si trattasse di un veicolo abbandonato, decisero di avvicinarsi. Dopo aver pulito il parabrezza, notarono del movimento all’interno e chiamarono immediatamente i servizi di emergenza. Skyllberg era vivo, ma in uno stato di ipotermia avanzata.
Quando fu ritrovato, Skyllberg si trovava avvolto in un sacco a pelo, con una bottiglia di bevanda analcolica, qualche fumetto e delle sigarette come unici compagni. Non vi erano scorte di cibo. Per sopravvivere, l’uomo aveva bevuto neve sciolta, mantenendo il minimo apporto di liquidi necessario per evitare la disidratazione.
Secondo il dottor Ulf Segerberg dell’Ospedale Universitario Norrland, Skyllberg aveva sfruttato un fenomeno noto come effetto igloo, che aveva impedito il congelamento completo del suo corpo. L’agente Ebbe Nyberg della polizia locale confermò che la copertura nevosa intorno all’auto aveva agito come un isolante termico, proteggendo l’uomo dal gelo esterno.
L’effetto igloo: un’ancora di salvezza
L’effetto igloo è un principio termico noto per le sue applicazioni nelle costruzioni innevate, come gli igloo stessi. Lo strato di neve funge da isolante, intrappolando il calore corporeo e mantenendo la temperatura interna significativamente più alta rispetto all’ambiente esterno. Nel caso di Skyllberg, questo fenomeno permise alla temperatura interna dell’auto di restare appena sotto lo zero, abbastanza da evitare un congelamento fatale.
Il calore principale proveniva dal metabolismo dell’uomo, benché rallentato dalla prolungata mancanza di cibo. Quando fu trovato, la sua temperatura corporea era scesa a circa 31°C, una condizione di ipotermia severa.
La sopravvivenza di Peter Skyllberg per oltre 60 giorni in condizioni tanto estreme è considerata un caso straordinario. Non solo il suo corpo ha tollerato temperature estremamente basse, ma è riuscito a resistere alla mancanza di nutrienti. Questo evento ha attirato l’attenzione di medici e studiosi, che hanno sottolineato l’importanza del metabolismo e degli isolanti naturali in situazioni di emergenza.
