
(METEOGIORNALE.IT) I velivoli senza pilota impiegati come munizioni volanti hanno cambiato il modo in cui si colpisce un obiettivo: sono economici, silenziosi e possono percorrere decine o centinaia di chilometri senza essere intercettati facilmente. Tra i modelli più citati negli ultimi mesi troviamo il Shahed-136 / Geran-2, un loitering munition largamente usato nei teatri di conflitto, e la famiglia ZALA Lancet, più piccola ma molto precisa.
Quanto possono volare questi droni? Le valutazioni variano molto a seconda del modello e delle modifiche. Per il Shahed-136 / Geran-2 vengono generalmente riportati intervalli dell’ordine di 1.000–2.500 chilometri per le versioni più diffuse; altre varianti rivendicano autonomie maggiori, fino a poche migliaia di chilometri, ma tali valutazioni sono controverse e dipendono da carburante, profilo di volo e carico. Per i droni della famiglia Lancet l’autonomia è molto più limitata, pensata per missioni tattiche: decine di chilometri o, per versioni avanzate, alcune centinaia, non migliaia.
Che armi possono trasportare? I loitering munition come il Shahed/Geran-2 montano una testata esplosiva di alcune decine di chilogrammi, sufficiente a danneggiare infrastrutture, edifici e veicoli. Sistemi più piccoli, come molte versioni del Lancet, portano carichi esplosivi leggeri ma molto efficaci contro bersagli puntuali come mezzi corazzati o postazioni scoperte. Alcune piattaforme possono anche essere adattate per rilasciare submunizioni o contaminare aree con carichi specifici; ci sono già casi documentati di payload non convenzionali applicati a questi velivoli.
Possono arrivare fino all’Italia? La risposta tecnica è: dipende dal punto di lancio. Se un velivolo ha autonomia di 2.000–2.500 chilometri, allora, teoricamente, l’Italia può rientrare nella copertura se il lancio avviene da aree a quella distanza. Questo non significa che il paese sia automaticamente un bersaglio facile: contano traiettoria, controlli d’aria, capacità di difesa e condizioni operative. Le tracce recenti di droni che hanno sorvolato Polonia e Danimarca mostrano come queste piattaforme possano coprire grandi distanze e creare disturbi significativi alle attività civili e militari.
Cosa è successo in Polonia e in Danimarca? Negli ultimi tempi le intrusioni e i ritrovamenti di detriti hanno portato gli Stati europei a intensificare la sorveglianza e la cooperazione NATO: in Danimarca, per esempio, segnalazioni di droni vicino ad aeroporti e basi militari hanno costretto alle chiusure temporanee e a misure d’emergenza. In Polonia si sono verificati atterraggi involontari o cadute di sistemi partiti da est, con indagini in corso per stabilire origine e responsabilità. Questi episodi hanno spinto l’Alleanza a rafforzare pattugliamenti e capacità anti-drone nella regione. Stamattina, due grossi aeroporti polacchi sono stati nuovamente chiusi al traffico civile.
Qual è il pericolo reale, specialmente per l’Italia? Il rischio concreto non è solo la distanza massima che un drone può percorrere, ma la combinazione di portata, carico utile, costo ridotto e capacità di eludere sensori. Droni grandi e a lungo raggio possono colpire infrastrutture critiche o creare disagi estesi alla mobilità civile; quelli più piccoli puntano a precisione e possono mettere fuori uso singoli obiettivi strategici. La presenza di rotte transfrontaliere non identificate e la difficoltà di attribuire con certezza la provenienza complicano la risposta politica e tecnica.
Una nostra città può essere colpita? Dal punto di vista strettamente tecnico, se un bersaglio urbano si trova dentro il raggio operativo e un drone riesce a penetrare le difese locali, l’impatto è possibile. Tuttavia, colpire un centro abitato richiede una serie di condizioni: scelta del tipo di munizione, precisione di guida, capacità di superare contromisure radar o radio e logistica di lancio. Gli episodi osservati finora evidenziano più una strategia di disturbo che un attacco a infrastrutture. Ma la situazione è dinamica e ha portato gli Stati a incrementare misure difensive.
Cosa fanno ora i Paesi colpiti? Le reazioni includono potenziamento dei sistemi di sorveglianza, acquisto e impiego di contromisure anti-UAV, cooperazione tra servizi di intelligence e dialogo nel quadro NATO per una risposta comune. Gli eventi che hanno causato la chiusura temporanea di scali civili dimostrano che il rischio operativo è reale e che la priorità immediata è migliorare capacità di individuazione e neutralizzazione.
L’aspetto sconcertante è che questi droni sono in vendita on-line a prezzi bassissimi, esempio, un drone chiamato Iranian Kamikaze Drone Shahed 136 or Geran-2 LowPoly lo abbiamo visto a soli $69.
Fonti e Crediti
- Wikipedia – HESA Shahed 136
- Wikipedia – Loitering Munition
- Defense Feeds – Shahed-136 Drone Analysis
- Terrogence – Geran-2 Warheads Report
- Reuters – NATO Baltic Presence
Altre fonti consultate: (METEOGIORNALE.IT)
- Reuters
- Associated Press
- Army-Technology (articolo su Lancet)
- MilitaryUpdate / DefenseFeeds



