Non sono più semplici temporali estivi, quelli a cui eravamo abituati da bambini. Quelli che arrivavano nel tardo pomeriggio, rinfrescavano l’aria e lasciavano nell’aria l’odore della terra bagnata. Oggi, in Italia, e sempre più spesso in zone che fino a qualche anno fa erano considerate “tranquille”, questi eventi assumono le sembianze di disastri naturali veri e propri, con conseguenze devastanti per persone, infrastrutture, territori.
Quanto accaduto stanotte a Cogne, in Valle d’Aosta, è l’ennesimo campanello d’allarme. Un evento che non dovrebbe ripetersi con questa frequenza: due frane, una strada interrotta, un’intera comunità isolata. Ma la realtà è che è già il secondo episodio in due estati consecutive. E questo è, forse, il dato più inquietante.
Quella che un tempo era una zona nota per la sua stabilità climatica, un paradiso montano abbracciato dal Parco Nazionale del Gran Paradiso, ora diventa teatro di bombe d’acqua e smottamenti improvvisi. Gli effetti sono tangibili e concreti: viabilità bloccata, turismo compromesso, persone costrette a essere evacuate o soccorse nella notte da vigili del fuoco e soccorso alpino. Località turistiche come Cogne, fiore all’occhiello della regione, si ritrovano al centro di cronache che fino a qualche anno fa sembravano appartenere solo ad aree monsoniche del Sud-est asiatico o delle coste tropicali degli Stati Uniti.
Ma perché sta succedendo questo?
Il fenomeno è legato a un cambio profondo nella natura delle perturbazioni che attraversano l’Italia. I temporali di nuova generazione non sono più semplici acquazzoni: sono celle convettive estremamente violente, con una quantità di energia e umidità pari a quelle che formano le piogge torrenziali dei tropici. Il clima sta cambiando, ma non solo nel senso che “fa più caldo”: sta diventando più instabile, più imprevedibile, più pericoloso. E la fragilità del territorio italiano, fatto di valli strette, pendii ripidi, borghi incastonati tra le montagne, non fa che amplificare gli effetti di questi nuovi fenomeni.
La Valle d’Aosta, per bellezza paesaggistica e importanza turistica, non merita questo tipo di esposizione al rischio. Ma oggi anche lei, come molte altre regioni italiane, è diventata vulnerabile. Gli effetti del cambiamento climatico si vedono qui, dove piogge torrenziali possono cadere in poche ore, scaricando al suolo quantità d’acqua enormi che il territorio non è in grado di assorbire, soprattutto quando la vegetazione e la morfologia sono già state compromesse da eventi precedenti.
Il sindaco di Cogne, Franco Allera, prova a tranquillizzare: “situazione sotto controllo”, dice. E in effetti, grazie al pronto intervento, la viabilità potrebbe tornare alla normalità già nel pomeriggio. Ma questo non deve farci abbassare la guardia. Perché ciò che preoccupa non è solo il singolo evento, ma la sua ricorrenza. E il fatto che altri temporali siano attesi nelle prossime ore non fa che aumentare il livello di attenzione.
Ci troviamo davanti a una nuova realtà. Non è più questione di aspettare il “temporale d’agosto” come fosse una routine. Ora si tratta di ripensare il modo in cui ci relazioniamo con il nostro clima e il nostro territorio, di adattare le infrastrutture, prevenire, monitorare, informare. Perché non possiamo più permetterci di sorprenderci quando un piccolo borgo montano diventa l’epicentro di un’emergenza.
Le montagne non cambiano. Ma il cielo sopra di loro, sì. E in questo nuovo equilibrio, dobbiamo imparare a convivere – e reagire – con consapevolezza e responsabilità.
