Nel pieno delle conseguenze devastanti lasciate dal Ciclone Chido, che ha travolto il dipartimento d’oltremare francese di Mayotte lo scorso sabato, emergono forti critiche e preoccupazioni. Gli esperti e la popolazione locale puntano il dito contro la scarsa preparazione del governo francese di fronte a un disastro meteorologico di tale portata. Secondo Météo-France, le condizioni favorevoli al ciclone sono state amplificate dalle temperature insolitamente elevate delle acque dell’Oceano Indiano.
Le forti piogge, i venti intensi e le onde colossali hanno lasciato un’impronta indelebile sull’isola. Il bilancio, ancora provvisorio, parla di oltre mille vittime, con il 70% della popolazione gravemente colpita. Il ministro dell’Interno francese, Bruno Retailleau, ha descritto Mayotte come “totalmente devastata”, mentre la Croce Rossa francese ha definito la distruzione “inimmaginabile”.
Vulnerabilità strutturale e sociale
La situazione drammatica è amplificata dalle condizioni di vita precarie di gran parte della popolazione. Decine di migliaia di persone vivono in insediamenti informali, noti localmente come “banga”, costruiti con materiali fragili come tetti di lamiera. Questi ripari improvvisati sono stati completamente spazzati via dai venti ciclonici, evidenziando una fragilità strutturale che avrebbe potuto essere mitigata con interventi preventivi.
Nonostante l’esistenza di un fondo verde istituito dalla Francia per finanziare progetti di adattamento climatico, Mayotte sembra essere stata dimenticata rispetto ad altri territori. Tale negligenza è resa ancora più evidente se si considera il crescente rischio di cicloni intensificati dai cambiamenti climatici.
Reazioni e responsabilità politiche
Durante una visita sull’isola, il presidente francese Emmanuel Macron ha difeso l’operato del governo, sottolineando che erano stati emessi avvertimenti preventivi e che i servizi d’emergenza erano stati attivati in tempo. Tuttavia, le critiche non si sono fatte attendere. La popolazione locale e gli esperti del settore hanno denunciato la mancanza di un piano di evacuazione adeguato e di strutture di sicurezza sufficienti per proteggere i residenti.
La disparità tra Mayotte e la Francia continentale è diventata ancora più evidente in questa crisi. Nonostante il suo status di dipartimento francese, l’isola rimane una delle regioni più povere del Paese, con alti livelli di disoccupazione e una criminalità diffusa. Il divario economico e infrastrutturale si traduce in una vulnerabilità maggiore agli eventi meteorologici estremi.
Una crisi climatica globale con risvolti locali
Il Ciclone Chido, il più potente registrato a Mayotte in oltre 90 anni, sottolinea la necessità di strategie globali e locali per affrontare l’impatto crescente del cambiamento climatico. Le acque calde dell’Oceano Indiano, che hanno intensificato il ciclone, rappresentano un chiaro segnale dell’urgenza di affrontare il riscaldamento globale.
In questo contesto, la mancanza di un’infrastruttura adeguata e di piani di emergenza efficienti evidenzia gravi carenze nella pianificazione e nell’adattamento. Le isole vulnerabili come Mayotte, pur essendo formalmente parte della Francia, richiedono uno sforzo concertato per essere protette dai disastri naturali, sempre più frequenti e distruttivi.
Impatti umanitari e futuri scenari
Con il 70% della popolazione colpito, l’isola si trova ora in una situazione di emergenza umanitaria. Le condizioni di vita già difficili sono ulteriormente peggiorate, con migliaia di sfollati che necessitano di alloggi, cibo e assistenza sanitaria. L’attenzione internazionale è cruciale per sostenere il recupero e per spingere verso un approccio più inclusivo nella protezione dei territori d’oltremare.
Mayotte, pur essendo geograficamente vicina all’arcipelago delle Comore, ha mantenuto il suo status di dipartimento francese dopo un referendum del 1974. Questo legame politico, però, non si è tradotto in un supporto equivalente a quello garantito alla Francia continentale. La disparità emerge chiaramente nella gestione delle infrastrutture e nella capacità di risposta a eventi estremi come il Ciclone Chido.
