Il Parlamento Europeo, riunito in seduta plenaria, ha approvato una direttiva secondo la quale tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Tutti i nuovi edifici per cui sarà tecnicamente ed economicamente possibile dovranno inoltre dotarsi di tecnologie solari entro il 2028, mentre per gli edifici residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti la data limite è il 2032. L’obiettivo della direttiva è di agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori.
In Italia la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori. Secondo l’Ance gli obiettivi sono irraggiungibili nel nostro paese, poiché le stime prevedono vari decenni solo per raggiungere classi energetiche inferiori a quelle richieste. Realizzare gli interventi richiederebbe uno sforzo notevole, come mostrano anche le stime di Enea, il 74% delle abitazioni italiane sarebbero in classe energetica inferiore alla D.
In sintesi, inconsapevolmente o no, l’Italia sta affrontando una vera e propria catastrofe in materia di efficienza energetica, ma non è l’unico paese coinvolto. In generale, questo ci costringe a pagare bollette energetiche elevate perché utilizziamo molta energia in quanto non abbiamo mai considerato la necessità di prevenire un minor consumo, nonostante la consapevolezza sia presente da molti anni, se non decenni. Inoltre, abbiamo vissuto molte crisi energetiche e molto poco è stato fatto per contenere ciò che rappresenterebbe una vera e propria catastrofe edilizia.
Tuttavia, va ricordato che, oltre all’obbligo di aumentare la classe energetica degli edifici, sarebbe necessario, e in questo caso dovrebbe essere imposto, l’adeguamento di tutti gli edifici, in particolare quelli pubblici, a rigide norme antisismiche, considerando che l’Italia è tra i paesi europei a maggior rischio terremoti, con il maggior numero di vittime nell’arco di 100 anni.
La norma europea prevede che gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche dovranno essere effettuati al momento dell’ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell’edificio. I singoli Stati stabiliranno come raggiungere gli obiettivi nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione. I deputati sostengono che i piani nazionali di ristrutturazione prevedano regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi.
Le deroghe prevedono che la nuova normativa non si applichi ai monumenti. Inoltre, i Paesi Ue avranno la facoltà di escludere edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Agli Stati membri sarà consentito, per una percentuale limitata di edifici, di adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata.
Anche in questo caso, come anche per la transizione energetica delle auto da carburanti di origine fossile all’elettrico, viene imposto in tempi strettissimi, con inadeguate coperture finanziarie, ed in questo caso, con oneri spropositati per i proprietari di immobili un rinnovamento radicale, storico.
Sono iniziative che comportano vantaggi, ed anzi sono apprezzabili, ma è opportuno allestire un’adeguata regia operativa per la transizione energetica che si avvicini alle esigenze del cittadino, e che non diventi un onere gravoso.
A volte si ha l’impressione che i burocrati di Bruxelles siano troppo distanti dal mondo reale.