La scienza è una delle arti più nobili dell’uomo, ha consentito un aumento della speranza di vita, un notevole miglioramento del benessere sociale. La scienza è amplissima, si divide in numerose specializzazioni. È scienza la cucina per i cibi con cui ci cibiamo, sono frutto della scienza l’automobile o la moto, la scoperta della ruota e del fuoco. La scienza ha fatto e fa in prevalenza del bene, ma a volte, troppe è responsabile di aumentare la forza distruttiva in una guerra.
Il no first use è stato abolito in Russia, il disarmo atomico è lontano. Mosca può usare per prima il suo arsenale atomico pur con la consapevolezza di pagarne conseguenze con potenziali milioni di vittime in pochi giorni.
Non è un segreto militare, le agenzie segrete occidentali conoscono l’esatto potenziale nucleare russo, e possono prevedere le avvisaglie di un lancio di missili armati di bombe atomiche. Tuttavia, intercettare e abbattere tali missili prima che giungano nell’obiettivo, pare sia quasi impossibile. Ben differente se venisse utilizzato un aereo, anche se il rischio che vi siano novità non note è da tenere conto.
La notizia di questi giorni è che i russi posseggono una bomba dalla potenza catastrofica che chiamano la Bomba dello Zar. E pare che alcune testate non furono smantellate, ma qui l’argomento diventa un mistero.
Innanzitutto, si apprende, anche se non in modo esaustivo, che se i russi dovessero decidere di lanciare un ordigno nucleare con un missile supersonico, l’attuale tecnologia americana (la più avanzata nei Paesi occidentali, quindi nella NATO) potrebbe raggiungere l’obiettivo. E se il missile fosse armato delle Bomba dello Zar anche a basso potenziale, l’esito sarebbe ben più drammatico di una bomba atomica.
La Tsar bomb o Bomba dello Zar non è un’arma atomica, bensì è un ordigno all’idrogeno che fu ideato in Unione Sovietica da uno staff di fisici coordinati da Andrej Sacharov nel 1961, in piena guerra fredda. Furono anche fatti dei test sulla potenza di questo ordigno in aree remote, ma con un basso potenziale, seppur ottenendo un’esplosione maggiore a quella di Hiroshima. L’ex Unione Sovietica, per anni ha testato in aree disabitate, armi nucleari o simili, in ambito sotterraneo, rilevati in occidente, vista la distanza delle esplosioni, da scosse sismiche strumentali. I test sono avvenuti in genere in Siberia, distanti da centri urbani, ma provocarono anche a cento chilometri di lontananza, crepe nelle abitazioni.
Le potenzialità distruttive di un ordigno all’idrogeno fabbricato con la tecnologia Bomba dello Zar non sono ben definibili, ma a seconda della potenza, potrebbero distruggere un’area ampia come tutto il Nord Italia, solo per dare un’idea approssimativa del potenziale di questa folle impresa sovietica.
La Bomba Zar è una bomba di tipo Teller-Ulam in grado di emanare 3125 volte energia della Little Boy, la bomba atomica utilizzata dagli Stati Uniti su Hiroshima. Secondo alcuni calcoli, ha un potenziale di dieci volte di tutti gli esplosivi convenzionali usati nella Seconda Guerra Mondiale.
La Bomba dello Zar come fu concepita non è trasportabile da alcun missile dato il peso, mentre un missile a lungo raggio potrebbe essere armato da un ordigno 30 volte più potente di quello utilizzato su Hiroshima e Nagasaki e raggiungere, sparato dal territorio russo, una città europea e radere al suolo anche la sua provincia. Per dire, Roma sparirebbe dalla faccia della Terra in pochi attimi assieme al suo hinterland, sempre che la bomba fosse di basso potenziale.
La domanda che viene spontanea è come mai i Governi hanno consentito che la Russia mantenesse simili ordigni, come mai si pensa solo ora di un possibile utilizzo. Come mai, visto il pericolo, la potenzialità dell’instabilità politica di uno Stato, la comunità internazionale in questi decenni ha dormito sonni sereni, ha stretto accordi con chi deteneva armi di distruzioni di massa così letali.
Che già una bomba atomica tradizionale ha la sua letalità, figuriamoci una Bomba dello Zar. Direte, anche in Occidente abbiamo le atomiche, ma ci sono come deterrente, non di certo per essere utilizzate. Seppur, e si deve riconoscere, un numero eccessivo di guerre e vittime sono state azionate per mani di quei Paesi che vantano democrazia e libertà.
Il nostro è un attacco alla Civiltà e al buon senso che ha consentito il mantenimento di armi di distruzione di massa. Un attacco contro ogni guerra, comprese quelle silenziose per il Mondo occidentale. Soprattutto, un attacco agli scienziati che hanno concepito, avendo la possibilità di negare una tal possibilità, che si potessero realizzare armi così devastanti.
È altamente probabile che la risposta ad un eventuale attacco russo sarebbe mortale per varie metropoli della Russia, con l’invio da parte della NATO di una adeguata risposta, ma il prezzo in vite umane sarebbe indescrivibile da ambe le parti, e non avrebbe proprio un senso concepibile in alcun ambito.
Come mai c’è la disponibilità e la tecnologia di bombe che possono provocare danni al pari della caduta di un meteorite sulla Terra, e provocare non solo danni in loco, ma un’onda d’urto che si potrebbe propagarsi anche a 1000 km dal punto di impatto.
Questa è scienza della distruzione, è inaccettabile che scienziati o presunti tali, si siano prestati a formulare, dopo il disastro della Seconda Guerra Mondiale ordigni così micidiali. Conoscendo gli effetti sulla vita umana, animale e l’ambiente.
Viviamo un’epoca dove sino all’altro ieri il disastro immane era il cambiamento climatico, mentre da ormai quasi due mesi l’argomento è stato accantonato per un pericolo più imminente, come mai è avvenuto prima: una guerra a suon di bombe che ammazzerebbero la vita di milioni di persone.
E questo non è fare terrorismo, è scienza della sopravvivenza che taluni scienziati e governanti hanno dimenticato.