L’altopiano tibetano si trova in Asia e si estende nella Regione Autonoma del Tibet, nelle provincie cinesi del Qinghai e del Sichiuan e nella Regione autonoma dello Xinjiang in Cina. È situato tra i 4000-5000 metri di altitudine sul livello del mare, ed è circondato da numerose catene montuose dove si trovano i monti più alti del pianeta: l’Everst, il K2 e il Kanchenjunga. Il plateau tibetano da solo, contiene la più grande riserva d’acqua dolce al di fuori delle regioni polari, per questo motivo viene definito il “terzo polo”. Sull’altopiano tibetano ci sono infatti le sorgenti dei più grandi fiumi asiatici: il fiume Gange e Indo, il Fiume Giallo, il Fiume Azzurro, il Brahmaputra, il Salween e il Mekong.
Si pensi che i soli ghiacciai dell’Himalaya coprono circa 3 milioni di ettari, ovvero il 17% della copertura montagnosa del pianeta e da soli sono il cuore dell’ecosistema asiatico: fanno da serbatoio d’acqua dolce per tutta l’Asia meridionale e orientale, e reggono un ecosistema unico al mondo, la cui biodiversità è regolata dal costante e lento scioglimento dei ghiacciai che rifornisce di acqua i fiumi, e attraverso il suo successivo reintegro, la formazione di nuovi ghiacciai.
Negli ultimi 50 anni, questo equilibrio si è spezzato a causa del cambiamento climatico e dell’inquinamento: la quantità dei ghiacciai che si sciolgono non è più equamente compensata da quella che si riforma, mentre l’aumento della temperatura media annuale nella regione è stata pari a 0,3-0,4 gradi Celsius ogni dieci anni dal 1960 al 2012, un aumento che rappresenta il doppio della media del resto del mondo. Qualora questo trend continuasse, nei prossimi 100 anni potremmo avere una temperatura superiore ai 4°C sul plateau tibetano. A seguito di questo aumento delle temperature, l’82% del ghiaccio si è ritirato, e secondo i dati dell’IPCC (Intergovermental Panel on Climate Change), più di due terzi dei ghiacciai potrebbero scomparire entro il 2050.
L’altopiano Tibetano risulta quindi essere tra le aree del pianeta più vulnerabili al cambiamento climatico e all’inquinamento.
Nel versante settentrionale dell’altopiano, le conseguenze del ritirarsi dei ghiacciai e dello scioglimento del permafrost – il terreno congelato che si estende dalla superficie fino a diversi metri di profondità – stanno determinando un progressivo e ineluttabile deterioramento delle praterie e dei prati, trasformandoli in dune di sabbia. Il permafrost infatti svolge un ruolo fondamentale nel proteggere l’ambiente ecologico e i cicli idrologici. Inoltre il degradarsi della copertura vegetale, diminuendo l’assorbimento delle radiazioni solari, va a incidere anche sull’intensità dei monsoni estivi nell’intera Asia. Lo scioglimento del permafrost poi, può comportare gravi danni alle infrastrutture presenti sull’intero Altopiano tibetano, quali ferrovie e autostrade, che corrono il rischio di deformarsi come conseguenza del degradarsi del permafrost sul quale sono costruite.
Nel versante meridionale dell’Altopiano gli effetti del cambiamento climatico e dell’aumento delle temperature, stanno determinando un altro fenomeno: il numero dei laghi sta aumentando. Si tratta di laghi molto instabili, che potrebbero esondare con facilità, determinando impatti letali per le popolazioni che abitano le valli, a causa dell’intensificarsi di improvvise e devastanti inondazioni.
Secondo un team di ricercatori infatti, l’area dei laghi è cresciuta del 23% tra il 1976 e il 2017, mentre le osservazioni satellitari del Global Water Monitor della Nasa indicano che anche la loro profondità è mutata. Per avere un’idea della portata di questo fenomeno, basti pensare che i due laghi più grandi del Tibet, il Chibzhang e Dorsoidong si sono fusi in uno, a metà degli anni 2000, quando l’aumento del livello dell’acqua ha sommerso la striscia di terra che li separava.
Se per l’Artico e l’Antartico occorreranno decenni prima che la fusione dei ghiacciai innalzi il livello del mare con effetti devastanti e visibili nel resto del mondo, sull’Altopiano tibetano i risultati delle politica mondiale fondata sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, stanno già incidendo e cambiando la vita a milioni di tibetani delle valli dell’Altopiano, dove le popolazioni nomadi che vivono di pastorizia, sono costrette a migrare a causa del prolificare della siccità, e ad abbandonare per sempre le loro terre ancestrali.