Lo scorso autunno avevamo parlato dei nuovi record di CO2 in atmosfera. L’anidride carbonica (CO2) è un noto gas serra e insieme al metano (CH4) formano una coppia micidiale. I gas serra, è bene ricordarlo, impediscono alla radiazione riemessa dal suolo di disperdersi in atmosfera e così facendo provocano l’aumento delle temperature globali. Secondo gli esperti, l’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione di biossido di carbonio comparabile all’attuale è successo da 3 a 5 milioni di anni fa. All’epoca la temperatura era di 2-3°C più alta e il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso.
I livelli di CO2 vengono monitorati in diverse stazioni sparse per il mondo, oltre ovviamente alle rilevazioni dei satelliti. I dati più comunemente usati sono quelli dell’osservatorio di Mauna Loa, dai quali si evince che i livelli di CO2 sono in costante aumento ma rispettando un ciclo stagionale. A fine primavera ed estate, la vegetazione terrestre e oceanica (vita vegetale) è abbondante e consuma CO2 nel processo di fotosintesi. In autunno e in inverno, le piante vanno entrano in riposo vegetativo e soprattutto sulla terraferma rilasciano parte della CO2 accumulata nell’atmosfera. Poiché la maggior parte della massa terrestre e della vegetazione si trova nell’emisfero settentrionale, è qui che si registra il maggiore impatto stagionale.
Ma se guardiamo la curva degli ultimi 6 mesi, ci rendiamo conto che negli ultimi 2 mesi c’è stato un rallentamento. Andando più nel dettaglio, nell’ultimo mese e soprattutto nell’ultima settimana sembra quasi che le emissioni si siano arrestate.

Ma per quale motivo stiamo assistendo a una riduzione dell’aumento di CO2? Beh, la risposta purtroppo è semplice: la pandemia da COVID-19 si sta diffondendo in tutto il mondo ma la maggior parte dei casi finora riguarda l’emisfero settentrionale. Una delle contromisure per limitare la diffusione del virus è la quarantena, l’autoisolamento e/o il blocco totale delle attività produttive. Ciò ovviamente ha un impatto enorme sull’industria e sui trasporti, che sono due tra le principali fonti di CO2.